Gasoline Rainbow (2023)

“Gasoline Rainbow” (2023). On the road “trip” (cito dal manifesto) movie e ‘romanzo di formazione’ dal forte impianto picaresco (ovvero ogni capitolo corrisponde a una nuova tappa e un nuovo personaggio-chiave) che mette in connessione vecchi miti beat (non solo Kerouac, ma anche celeberrime hit musicali) con le attuali giovani generazioni. E’ un racconto talvolta un po’ troppo teorico-astratto che si mantiene volutamente sulla superficie mentre ritrae un gruppo di ragazzi che tentano di appropriarsi della vita attraverso incontri più o meno importanti, comprese disavventure all’acqua di rose, ma incrociando vite vissute – spesso ai margini, ma sempre civili e gradevoli -, seguendo vaghi ideali fricchettoni un po’ imborghesiti, senza odio di classe, senza esempi brutti e cattivi. In breve: questo viaggio ha quale obiettivo raggiungere una festa che crea grandi aspettative.
Lungo il viaggio entrano di sguincio anche alcune tematiche socio-politiche che hanno segnato i tempi recenti, dal razzismo atavico, che si traduce nella paura dei neri di poter viaggiare incolumi.
Da sottolineare una sospetta assenza di tutto quel che riguarda l’iniziazione al sesso. Non che ciò sia obbligatorio, ma emendare la sfera sessuale in un film dedicato ad adolescenti senza spiegare troppo il perché non può essere casuale, ma tant’è. Inoltre non emerge mai la faccia violenta dell’America, insomma il film propone un volto degli Usa poco praticato, ma che esprime l’attualità in transizione tra due possibili ere trumpiane. I fratelli Ross ci accompagnano cioè appena fuori da alcuni stereotipi socio-cinematografici (il fenomeno dei white trash, cardine di molto cinema, molta televisione e molta letteratura attuale), cliché con i quali comunque il film talvolta si intreccia in modo ironico, disinnescandone però i lati occulti.
Tra le citazioni divertite emerge un passamontagna rosa, indossato da una delle protagoniste, che non può che richiamare un film estremo e meraviglioso come “Spring Breakers” (2012) di Harmony Korine con cui “Gasoline Rainbow” dialoga.
Per il resto pare un capitolo di un soggetto cinematografico che potrebbe proseguire in un ipotetico sequel, ma è pure la versione/risposta adolescenziale di “Nomadland” solo con un pizzico di speranza in più per il futuro.
L’incontro finale – ambientato in riva al mare di notte – con una sogliola e con la paura di incrociare vaghi serpentoni marini, si dipana tra fenomeni di luminescenza che caratterizzano la spiaggia. Sono elementi che paiono dialogare con l’analogo mistero, solo più perturbante, espresso nell’epilogo di “La dolce vita”, laddove attorno al mostruoso animale marino spiaggiato si generano fughe in un mondo fantastico quanto ineffabile. Ma ecco che la fuga in avanti speranzosa, tesa a un dopo generazionale di là da venire, incarnato da questi giovani sani e gioiosi, potrebbe essere la chiave per comprendere e apprezzare “Gasoline Rainbow”.
Su Mubi.

Autore: Cinex

Note ai film per nulla obiettive: una risposta sbagliata ai Dizionari da un vecchio blog più volte caduto in oblio, ma mai abbastanza.

Lascia un commento

Scopri di più da Cinextra

Abbonati ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continua a leggere