Inside Out 2 (2024)

Inside Out 2 (2024). Una nuova fase di crescita di Riley è caratterizzata da complessità e angosce che ne movimentano la quotidianità di preadolescente. Rispetto al primo episodio (2015) i grattacapi della protagonista ora sono legati alla proiezione di sé – tanto nei recessi più intimi quanto all’esterno – manipolata da insicurezze e ansia montanti. I piccoli grandi problemi di Riley sono esasperati dalla paura di fallire, ma solo perché l’età dell’incertezza – sembra dire il film – è dettata da sbalzi di umore che non lasciano il tempo per ragionare sufficientemente. Al genitore in salsa Pixar, dunque, non resta che farsi airbag cortese in attesa di tempi migliori; nel mentre la metafora filmica punta tutto sul conflitto interno, non lasciando più alcuna traccia della dialettica serrata avuta tra Riley e i genitori nel primo film. Inoltre “Inside Out 2” non vuole essere una puntata di “Siamo fatti così”: qui si parla di interiorità, di psiche, di irrazionalità e di razionalità, di ciò che avviene nel cervello, non si parla di mestruazioni, di ormoni, di peli, di piedi troppo grandi o gambe improvvisamente troppo lunghe. Il lato sessuale è appena camuffato dietro a blandi affetti e altrettanto vaghe proieizioni di Riley nell’alter ego mascolino, ma senza calcare la mano, concentrando invero l’attenzione sul valore dell’amicizia disinteressata. 

A latere resta una questione notevole quanto (ancora) inesplicata. Tra le emozioni di Riley le personificazioni di “Paura” e di “Rabbia”, in particolare, mantengono, come nel primo film, identità mascoline, al contrario degli altri personaggi – ad esempio genitori e amici – in cui le emozioni, invece, sono tutte declinate al genere di appartenenza del personaggio medesimo. Chissà se questa ‘fluidità’ implicita, insita nella personalità della giovane protagonista, potrà conoscere ulteriori sviluppi in un nuovo, quanto ipotetico, sequel.

Tornando nel merito, Inside Out 2″ è un film destinato ai (pre)puberi e ai loro genitori, a quei bambini del 2015 (e anni successivi) che nel frattempo sono cresciuti, il cui messaggio si fa rassicurante nella rappresentazione della metamorfosi di Riley da bambina ad adolescente, senza mai esacerbare conflitti esteriori (nonostante non manchino), senza più quel basso bordone luttuoso che agiva nel profondo del primo film. Qui non muore nessuno, nemmeno un personaggio di fantasia, ma, anzi, si affolla la plancia di comando, laddove trionfa anarchicamente una regista wannabe: l’ansia.
Dal punto di vista grafico non si registra alcuna innovazione rispetto al precedente, un segnale che in casa Pixar si preferisce rassicurare anche sul piano formalistico.
Comunque sia è un film assai godibile per ritmo e coerenza narrativa, apprezzabile ancor di più se si è nel target (fanciullesco e genitoriale) d’elezione.

Autore: Cinex

Note ai film per nulla obiettive: una risposta sbagliata ai Dizionari da un vecchio blog più volte caduto in oblio, ma mai abbastanza.

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